venerdì 7 settembre 2007

Ma vaffan… - (seconda parte)

L’immagine di chiusura del post precedente, la dice lunga. Non aprite quella porta. Ebbene io, tutto nudo, con il pirellone di fuori, mi ci sono avventurato lo stesso.

Avevo appena finito quella pantomima di atto sessuale con la Dani, avevo chiesto un po’ di carta per ripulirmi del mio seme e per asciugarmi le lacrime dovute alla tristezza della copula.

Dopo aver rispettosamente domandato se potevo usufruire dell’utilizzo della toilette, vedo la ragazza che mi fa segno di aspettare un attimo perché doveva sistemare una cosa.

Si avvicina all'unica porta, oltre a quella d'ingresso e la apre quel tanto che basta per mettere dentro la testa e conversare con qualcuno. Sento una voce un po’ stridula ma il timbro era comunque maschile.

Parlottano tra di loro quasi un minuto.

La trattativa si conclude con la ragazza che chiude e mi dice che posso andare.

Piano piano mi avvio.

Apro la porta.

Pensavo ci fossero altri locali, invece con mio stupore mi rendo conto che oltre a quello già visto c’è solo il bagno. Una volta dentro chiudo e girandomi mi trovo di fronte un box doccia. La penombra mi impedisce di avere una visuale ottimale ma mi rendo conto di non essere da solo. I miei sensi di punter (ci manca solo che inizio a camminare sui muri e a sparare ragnatele dal pisello), mi indicano un potenziale pericolo.

Resto lì immobile in poco più di un metro quadrato.

Fisso la parete di vetro smerigliato del box e mi rendo conto che il mio sguardo viene ricambiato da qualcosa che sta lì dietro.

Passa un interminabile minuto durante il quale mi sono trovato con tutti i sensi tesi e pronti a reagire all’eventuale pericolo.

Il fatto di essere nudo non mi interessava minimamente.

Ero come il primo uomo sulla terra in caccia, pronto a reagire all’attacco di un qualsiasi predatore.

Non successe nulla.

Quasi per magia, la tensione si è allentata e mi sono diretto nell’attiguo locale da bagno dove ho provveduto con le abluzioni di rito.

Una volta uscito, mi sono diretto da Dani e le ho detto

– c’è qualcuno di là... –

lei abbassa lo sguardo, forse intimorita dal mio tono deciso ma mi risponde affermativamente.

– è un trans? –

non mi dice né sì ne no. Mi fissa e successivamente con il suo mezzo sorriso d’acciaio, mi risponde che condivide l’appartamento con una amica trans.

Ma guarda questa: mi piglia per il culo senza ritegno fino alla fine – questo è stato l’ultimo pensiero che mi ha accompagnato da lì a quando sono uscito ritirando una parte del corrispettivo pattuito.

Quand’è la fine, cento rose spese male, anzi malissimo ma poteva andare anche peggio.

Non faccio una questione di razzismo, ma mai nessuno mi convincerà che transessuali e gay hanno ragione e che il loro stile di vita sia quello giusto.

Parentesi aperta e chiusa.

Come dicevo, la mia avventura non è finita qui.

Seppur con le pive nel sacco, il giorno successivo, cioè ieri, ho tentato la sorte recandomi questa volta, da una ragazza che avevo già testato in passato e che mi aveva leggermente deluso ma che ultimamente mi sono giunte info piuttosto interessanti.

Questa volta sapevo tutto quello che c’era da sapere: la location, il tipo di appartamento, i servizi forniti, il corrispettivo del regalo da portare e pure la compagnia di cui la ragazza godeva. Ma comunque c’era qualche cosa che mi suggeriva che anche questa volta non sarebbe andata come pensavo.

I soliti sensi di punter.

E avevo ragione.

L’appartamento, se così si può dire, è rappresentato da un vano sottoscala riadattato ad uso abitativo. Regna il buio totale e più che un trombodromo sembra la tana del topo.

Mi sono avvicinato alla location nel bel mezzo di una tempesta tropicale dove volava via di tutto.

Compresa la mia passione per le puttane.

Ho dovuto fare due giri dell’isolato per trovare parcheggio e finalmente sono riuscito a scendere dalla macchina, ma proprio nel momento di maggiore intensità dell’uragano.

Quando sono deciso, sono deciso e nulla mi può fermare.

Bagnato come un pulcino, arrivo di fronte al portone di Via Faenza al numero 11.

Spero che qualche omino della postale in fervida lettura dei miei racconti, giri l’indirizzo a chi di dovere per andare a fare un sopralluogo visto che siamo al limite della decenza.

Non tanto per il lavoro esercitato dagli occupanti, quanto più per quel t.d.c. del proprietario che non ha esitato ad affittare un loculo come quello a persone che si vede lontano un chilometro quello che fanno nella vita per tirare avanti.

Anche in questo caso, parentesi aperta e chiusa.

Insomma, dopo circa cinque minuti di anticamera davanti al portoncino d’ingresso finalmente qualcuno mi viene ad aprire.

Lei è bellissima.

Non posso dire altrimenti. Veramente una bella ragazza e in quel frangente ho pensato che tutte le mie tribolazioni erano valse a qualcosa. Pensiero questo che subitaneamente, mi sfugge dal cervello al momento di allargare lo sguardo su quello che avrebbe dovuto essere lo scenario del mio pomeriggio scopereccio.

Buio totale.

Una parete di legno a fare da divisorio ad un locale già piccolo. In fondo, si vede la luce del bagno che sembra la via dipinta dalle persone uscite dal coma.

Percorriamo i tre o quattro metri che ci separano dalla “camera da letto” e ci infiliamo in un posto chiuso da una tenda a fiori. C’è un comodino con sopra un abat jour che funziona a intermittenza come se la lampadina non fosse fissata adeguatamente.

C’è una sedia alla mia sinistra e di fronte il letto incastrato tra la parete di legno ed il muro. Più che una stanza, pareva il locale per la risonanza magnetica dell’ospedale Infermi di Rimini.

Lei si siede sul letto.

Ha un completino di intimo bianco con reggiseno a balconcino, mutandine e autoreggenti nonché un paio di pantofole con tacchetto e peluche di caribou anch'esse bianche.

Accavalla le gambe e mi sussurra chiedendomi che cosa volevo fare.

Le rispondo:

- Io ti do centocinquanta, ma tu mi fai fare due giri completi di tutto –

- ...Mrrrrrrr.... rooonnffff .....

Sentivo questi rumori in sottofondo

- Ma chi c’è... C’è qualcuno di là? – sempre sottovoce

- Esta una mia amiga –

- Amiga o amigo? –

- Amiga es un trans, aqui fasemo servizio completo, eheheh

- Mrrr ... rooonnfff ...

- Ma che fa, dorme?

- Sì .... tu fai due giri veloci però...- mi dice cercando di cambiare discorso.

- Per centocinquanta bisogna fare con calma... - i
o di rimando.

E ancora – mrrraaa...ahhh...–

- Ma che cazzo succede!

- Fai piano por favor

- Ma fai piano cosa??? Ma....si stanno inculando di là!

- Porchè... non te gusta...te da fastidio? -

Come se fossi io quello matto che non vuole scopare "solo" perchè di là ci sono altri due uomini che si stanno facendo i complimenti.

- No, no... scherzerai... io le cerco come il pane queste cose, anzi se non c'è un travone nella stanza a fianco, non mi diverto ... - le dico con fare ironico

E concludo - Vabbè dai... ci vediamo la prossima volta... magari ti porto duecentocinquanta caramelle e ci divertiamo un po’ di più –

e aggiungo – pori mata... (povera matta)

Lei mi guarda delusa, io mi alzo e me ne vo.

Adesso capite che cosa ho pensato uscendo....

MA VAFFANCULO PORCA TROJA!

Nessun commento:

Posta un commento